Il nostro sistema posturale reagisce al terreno piano creando una iperlordosi lombare che deve essere compensata (“compensi posturali”), per mezzo del sistema miofasciale, prima di tutto, a livello dorsale con una ipercifosi dorsale (eccessivo inarcamento opposto) e poi con una rettilinizzazione del tratto cervicale. Questo disallineamento vertebrale comporterà un adattamento, tramite possibili rotazioni su tutti i piani, di tutti e quattro gli arti e della mandibola(e quindi della occlusione dentale). Tutto ciò naturalmente tramite ipertonicità/ipotonicità, iper/ipotrofia e retrazioni muscolari. Come vedremo, tutto il corpo in realtà risente di questa primaria alterazione posturale quale è l’iperlordosi lombare.

Quasi sempre, il nostro adattamento al terreno piano associa all’iperlordosi lombare una rotazione del bacino: da ciò nasce la comunissima scoliosi funzionale (sinistro convessa a livello lombare) che talvolta si manifesta in maniera grave fino a creare, durante la crescita, delle deformità vertebrali (scoliosi strutturale). La scoliosi, nella maggioranza dei casi, rimane comunque il miglior atteggiamento possibile che il sistema dell’equilibrio (posturale), in un determinato soggetto, riesce a ottenere su un terreno a lui poco congeniale quale è quello piano.

Ciò spiega il comune fallimento dei busti correttivi i quali, al prezzo di grossi sacrifici di chi li indossa, una volta tolti, non riescono, di norma, a garantire altro che un brevissimo periodo di riallineamento della colonna vertebrale (il tempo sufficiente al sistema posturale per realizzare che la posizione più funzionale per quel soggetto su quel terreno è quella appunto con la scoliosi vertebrale).

Si associa così il disallineamento vertebrale alla rotazione vertebrale. In determinate zone critiche della colonna vertebrale (vertebre cervicali e lombari) questo disallineamento comporta la creazione di giochi di forza in grado, col tempo, di provocare veri e propri scivolamenti in avanti o dietro, definiti in termini medici listesi o spondilolistesi, di una vertebra rispetto all’adiacente che, nei casi più gravi, si accompagna a rottura, lisi (spondilolisi), di un determinato frammento della vertebra slittata (istmo vertebrale).
La spondilolistesi ha come prima conseguenza una forte contrazione, praticamente costante, dei muscoli interessati a impedire in ogni modo lo scivolamento vertebrale (muscoli delle docce paravertebrali); la soluzione sarà modificare permanentemente l’atteggiamento posturale in modo da annullare quei momenti di forza agenti sulla vertebra, la cui risultante è una forza che sposta la vertebra dalla sua sede originale.

Il disallineamento, lo scivolamento e la rotazione delle vertebre (sublussazione vertebrale) sono la causa del restringimento, oltre ai processi degenerativi osteofitici (formazione di spuntoni ossei) dovuti al sovraccarico, del foro di coniugazione o intervertebrale (foro formato da due vertebre consecutive da cui fuoriesce il nervo spinale) che spesso accade, in particolare, nel tratto lombare e cervicale, dove sono presenti, rispettivamente, gli importanti plessi nervosi brachiale e sacrale. Questo restringimento è in grado di irritare il nervo spinale che lo attraversa che proietterà così dolore (per fibrosi della radice nervosa),parestesie, disfunzioni ecc., nella regione del corpo da lui innervata. E’ questa spesso la vera ragione delle diagnosi errate (e quindi del fallimento dei relativi interventi chirurgici) di:

Oltre a simulare, ma spesso anche essere concomitante, tali sindromi, il meccanismo sopracitato è in grado di provocare:

In tutte queste problematiche sono concomitanti le tensioni a danno di muscoli (contrazioni e retrazioni), tendini, legamenti, capsule articolari, articolazioni, nervi, periostio, borse ecc., che il nostro sistema tonico posturale è costretto a creare al fine di ottenere una postura il più possibile stabile su un terreno a noi non congeniale. Ognuno di noi compenserà in diversi modi, in base a numerosi fattori (patrimonio genetico, ambiente, attività ecc.), e avrà la sua personale postura che purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, peggiorerà col tempo, a meno che non venga effettuata un’appropriata prevenzione. Così potremo anche avere, spesso in combinazione a disfunzioni stomatognatiche e malposizionamenti delle prime vertebre cervicali:

Il malposizionamento del bacino porterà, come conseguenza, rotazioni anomale dei colli femorali. Ciò creerà tensioni nell’articolazione dell’anca (coxofemorale) a livello della capsula articolare, dei legamenti, dei tendini dei muscoli interassati (es.piccolo e medio gluteo, piriforme, psoas) nonchè delle sottostanti borse sierose con possibili conseguenze quali coxalgia (dolore dell’anca) e pubalgia (per infiammazione del legamento inguinale) oltre che ad artrosi precoce articolare (coxartrosi) a causa dello lo squilibrio ponderale (immagine anca con borse e inserzioni muscolari).
Le stesse tensioni possono causare una nevralgia tronculare definita meralgia parestesica. Essa è dovuta all’intrappolamento e/o aggressione del nervo cutaneo laterale del femore (nervo solo sensitivo che origina da L2 e L3, ramo del nervo misto femorale o crurale), nel suo punto di uscita dalla pelvi che provoca dolore fastidioso di varia entità e parestesie (intorpidimento, formicolio, sensazione di bruciore), sulla faccia anterolaterale della coscia, aggravati dalla estensione di quest’ultima, in piedi o camminando, e alleviati dalla flessione. Vi è una stretta connessione anatomica fra il nervo femoro-cutaneo laterale e le strutture della regione inguinale pertanto può subire danneggiamenti/intrappolamenti, a livello del legamento inguinale, dalla fascia iliaca (che attraversa obliquamente dopo esser passato lateralmente allo psoas), o dal legamento inguinale stesso (le cui fibre tendinee lo avvolgono strettamente), quando passa sopra la cresta iliaca, dal muscolo sartorio o dal muscolo tensore della fascia lata (da esso attraversati verticalmente). Obesità, pressione diretta sulla coscia nella regione del nervo (es. per vestiti stretti o busti), cicatrici aderenziali, possono concorrere nell’isorgenza della meralgia parestesica.

Alterazioni della posizione delle anche, intra o extrarotazione femorali, accompagnate di conseguenze da adduzioni o abduzioni del femore, si riflettono, a loro volta, inevitabilmente sul ginocchio. Anche saranno quindi possibili tensioni e carichi alterati di tutti i componenti dell’articolazione. Gonalgia (dolore alle ginocchia, ad es., da sindrome femoro-rotulea), alterazioni delle ginocchia in valgismo (gambe a X) o in varismo (gambe ad arco), usura precoce dei menischi (meniscopatie) e artrosi(gonartrosi), ne sono le manifestazioni più evidenti.

Procedendo verso il basso avremo possibili problematiche alla caviglia (articolazione tibio-tarsica), che potrà anch’essa avere un atteggiamento in valgo o in varo nonchè tensioni e usure precoci ai suoi componenti strutturali, e infine al piede.

In particolare, il piede sarà costretto a svolgere il passo nel miglior modo possibile relativamente a tutte le condizioni fin qui descritte. Nelle attuali condizioni di vita (terreno piano, scarpe inadeguate, sedentarietà ecc.), è chiaro che difficilmente riuscirà a fungere fisiologicamente in maniera ideale (fra l’altro accade quasi sempre che, in uno stesso soggetto, il piede destro svolge un passo diverso dal sinistro).
Spesso il piede tenderà a cavizzare (piede cavo) nel tentativo di aggrapparsi a un terreno che non gli consente sufficiente stabilità. Lo stesso motivo favorisce la deformazione in dita a martello o a griffe o ad artiglio.
In altri casi potrà avere un atteggiamento di compensazione in piattismo (piede piatto). L’atteggiamento del piede cavo/piatto è quindi sostanzialmente un atteggiamento funzionale di compensazione posturale che col tempo può strutturarsi tramite una deformazione scheletrica. E’ importante, ai fini di una corretta diagnosi, ad es. un esame baropodometrico in statica e deambulazione.
Lo stesso fenomeno accade per l’alluce valgo, che è un alluce che si schiavizza anch’esso a causa di un cattivo atteggiamento posturale. E’ il continuo sovraccarico sbilanciato che subisce a ogni passo a provocare la sua deformazione.
Infine, la metatarsalgia e il neuroma di Morton son dovuti a un sovraccarico squilibrato del metatarso, durante la deambulazione (da cui la presenza delle callosità da sovraccarico), sempre per motivi esclusivamente posturali. Un sovrccarico del tallone, o parti di esso, invece comporterà, oltre alle callosità, la creazione di spine calcaneali o calcaneare (sperone calcaneale) (calcificazioni).(Approfondimento).

Risulta chiaro da quanto esposto fin’ora che le nostre articolazioni sono sottoposte al carico gravitazionario in maniera non equilibrata a causa di una postura non ideale. Avremo cosi parti di un’articolazione che subiranno un sovraccarico, andando così incontro ad artrosi precoce e produzione di osteofiti, e parti scheletriche che saranno sottoposte a troppo poco carico, andando così incontro a osteoporosi precoce.
Stress da ipersollecitazioni a carico di tendini e articolazioni inoltre favoriscono l’insorgenza di cisti sinoviali e lipomi.

Un’alterata postura può altresì comportare un vicariamento muscolare. Ossia, il sistema dell’equilibrio può, date le “alterate” condizioni, reputare più efficiente reclutare, per una determinata azione, muscoli differenti da quelli filogeneticamente deputati ad essa; da cui varie conseguenze.
Relativamente alla comune e temuta frattura del femore in età avanzata, solitamente la causa viene attribuita all’osteoporosi avanzata. In realtà la prima e vera causa è di origine posturale. Il nostro collo del femore, infatti, ha una struttura che lo rende molto più resistente alla compressione che alla flessione. Per un corretto funzionamento esso ha bisogno di essere compresso nell’acetabolo dai muscoli piccolo e medio gluteo. Purtroppo, quando il bacino non è posizionato a dovere, il sistema tonico posturale durante l’appoggio monopodalico (cioè quando siamo appoggiati su un solo arto inferiore mentre camminiamo) non recluta o recluta solo parzialmente i muscoli piccolo e medio gluteo, che fisiologicamente dovrebbero svolgere il compito di impedire la caduta del bacino dal lato senza appoggio comprimendo il collo del femore nell’acetabolo. Esso infatti in tale situazione è costretto a utilizzare, in buona parte, il corto e tenace muscolo piriforme (o piramidale) e il lungo e nastriforme muscolo tensore della fascia lata. Viene così a mancare quella sufficiente compressione del femore che gli consente di ben tollerare le forze di flessione derivanti dal peso del corpo. E’ chiaro che tale situazione diverrà sempre più critica col passare degli anni e con l’aumento dell’osteoporosi (approfondimento).
La tensione a cui è sottoposto, in tali condizioni, il tratto o benderella ileotibiale può altresì favorire l’insorgenza della sindrome (borsite) della benderella ileotibiale ossia la dolorosa infiammazione “da sfregamento” del suo tratto inserzionale e della borsa formata dalla capsula articolare del ginocchio (approfondimento).
A sua volta, il sovraccarico di lavoro a cui è sottoposto il muscolo piriforme puà sfociare in un suo spasmo o retrazione determinando la sindrome del piriforme che comporta l’irritazione del nervo sciatico, con cui è a stretto contatto. La sintomatologia (sciatalgia o sciatica) derivante può portare a una errata diagnosi di ernia discale. Tutto ciò ha, come si vedrà nella prossima pagina, anche un risvolto negativo di tipo estetico).
Il vicariamento, sempre da parte del sistema dell’equilibrio in presenza di malposizionamento del bacino, dei muscoli della zampa d’oca (semitendinoso, sartorio e gracile), che sostituiscono così parte del lavoro del muscolo vasto mediale in deambulazione, induce ipotonia/ipotrofia del vasto mediale e, a livello dell’epicondilo tibiale mediale, sindrome (borsite) della zampa d’oca.

Chiudiamo questa nostra lunga trattazione parlando della dentatura che Il bimbo forma, a partire dal primo anno di età, in funzione della sua postura, che man mano va assumendo, e dell’utilizzo della lingua che, assieme al piede, risulta essere il più importante conformatore organo-funzionale; la lingua infatti influenza direttamente la crescita mandibolare, mascellare e la morfogenesi delle arcate dentarie. Resta comunque il fatto che se la postura non è allineata anche il piano occlusale, di conseguenza, non sarà allineato ma sarà funzionale a quella determinata e unica postura. Un raddrizzamento ideale del piano occlusale non accompagnato dall’opportuno programma di rieducazione posturale, comporterà un sicuro miglioramento estetico ma anche un probabile peggioramento compensatorio della schiena ovvero della postura in generale. Infatti, una modifica del piano occlusale è in grado di variare la posizione della testa implicando, dato il suo peso (oltre i 4 kg in un adulto) e la sua posizione rispetto al corpo, una compensazione di tutto lo scheletro, nonchè un cambiamento della funzionalità dei muscoli masticatori che si rifletterà sulle principali catene muscolari.
Risulta da ciò evidente quanto sia indispensabile per l’odontoiatra e lo gnatologo la collaborazione col posturologo ergonomista e viceversa (approfondimento).

Postumi di eventi traumatici (con relative contratture/ retrazioni miofasciali, sublussazioni articolari, cicatrici importanti, disfunzionzi neonatali ecc.) e cattive di abitudini di vita (ad es. stress e respirazione scorretta) potranno naturalmente velocizzare i processi degenerativi e limitare i miglioramenti nel ripristino posturale; essi necessitano quindi prioritariamente di trattamenti specifici.

Risulta evidente che la soluzione terapeutica nonchè preventiva a tutte queste problematiche non può essere che un personalizzato e professionale programma di rieducazione posturale (descritta in seguito). L’importanza di ciò risulta ancora più evidente se si pensa che spesso alle problematiche sopra descritte si accompagnano problematiche organiche di origine posturale, trattate nel prossimo capitolo.

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